10 - La Spedizione Idrografica 1981
Io e l’autista partimmo con una campagnola FIAT, la classica in dotazione alle Forze Armate in quel periodo, con tanto di rimorchietto al seguito.
Fu un viaggio avventuroso che ricordo benissimo.
Quella campagnola, alimentata a benzina, consumava uno sproposito ed eravamo sempre dal distributore. Facevamo il pieno senza pagare ma semplicemente consegnando una specie di carta carburanti e compilando dei buoni. Uscimmo dall’autostrada a Fabro, vicino ad Orvieto, e salimmo fino al sonnacchioso paese (ci sono tornato qualche anno fa durante un viaggio in Umbria proprio per ricordare quel giorno memorabile) per cercare qualcosa da mangiare.
Rimediammo un paio di panini in un vecchio negozio di alimentari, quelli di una volta, guardati con curiosità dai pochi abitanti.
Non era certo da tutti i giorni vedere una campagnola militare della Marina con due giovanissimi marinai in mimetica.
Eravamo in mimetica perché oltre alle divise classiche, che non indossammo quasi mai, eravamo stati dotati della più consona mimetica, più consona al lavoro che ci aspettava.
Ma usammo ben poco anche quella.
Giunti a Terracina, raggiungemmo la locale Capitaneria di Porto che ci avrebbe ospitato, e li trovammo gli altri marinai della nostra spedizione che erano arrivati con un paio di camion e tutto il nostro armamentario al seguito, dagli strumenti a noi necessari alle brande, perché ci portammo dietro pure quelle.
La convivenza con i marinai della Capitaneria fu piacevole. Non c’erano atti di nonnismo o sopruso né da parte nostra, né da parte loro. Si instaurò un buon rapporto. Anche loro erano pochi. Mangiavamo tutti insieme sia a mezzogiorno che alla sera anche se noi contribuivamo di tasca nostra alla spesa in quanto, essendo in missione, non avevamo diritto al pasto fornito dalla Marina perché percepivamo una specie di indennità di trasferta chiamata, appunto, “missione”.
Ricordo che nell’estate del 1981 io, tra lo stipendio da Sergente e la Missione, prendevo oltre un milione al mese. Per fare un raffronto basti pensare che nella primavera del 1983 il mio primo stipendio targato FS fu di 800 mila lire. Ed erano anni di forte inflazione.
Tornando alla Spedizione, noi di leva soggiornavamo in un ala della Capitaneria inutilizzata, dove avevamo anche allestito la sala per riportare i rilievi e il deposito degli strumenti. Inoltre avevamo in dotazione la campagnola che mi aveva portato lì e un motoscafo, una pilotina attrezzata, munita di ecoscandaglio, della nave oceanografica Ammiraglio Magnaghi.
Il tenente e il civile erano in albergo. Era pur sempre il servizio militare e l’ufficiale era pur sempre un militare di carriera ma il rapporto con lui fu ottimo.
Quella Spedizione fu, comunque, il mio terno al lotto.
Mangiavamo pesce che compravamo dai pescherecci per quattro soldi e oltretutto uno dei miei commilitoni lo conosceva e lo sapeva cucinare bene perché nella sua famiglia facevano, appunto, i pescatori. E poi mozzarelle di bufala e insalate con il tonno in quantità industriale.
E poi eravamo sempre in giro.
Anche il lavoro era, in parte, piacevole.
In pratica si dovevano piazzare due teodoliti (quegli strumenti che usano i geometri per le misurazioni topografiche) in due punti noti e poi fare i rilievi ogni tot minuti del motoscafo che andava avanti e indietro lungo la costa e rilevava, con lo scandaglio, nello stesso istante, la profondità del mare. Il tutto avveniva tenendoci in contatto radio.
Poi i dati venivano riportati sulle carte nautiche da aggiornare, e questa era la parte un po’ più noiosa, ma lo si faceva quando il tempo era brutto o il mare mosso.
Io ero addetto ad uno dei due teodoliti. Si stare lì ore e ore con l’occhio attaccato allo strumento ad inseguire una barca non era proprio il massimo ma lo si faceva al sole, in costume, e spesso anche in posti belli. Scogliere, pontili, terrazze. Una volta piazzammo lo strumento sulla terrazza di un lussuoso hotel nella zona del Circeo, in mezzo alle signore che prendevano il sole a bordo piscina e il direttore ci face persino portare da bere da un cameriere.
Certo, quando si facevano i rilievi la giornata era infinita. Si stava in posizione dalla mattina presto, poco dopo l’alba, fino al tramonto e l’autista con un altro marinaio ci portavano lì anche da mangiare ma c’erano anche momenti di svago.
Ma quando il meteo era avverso e i dati raccolti erano stati tutti riportati, tutta la giornata, a volte più d’una, diventava uno svago.
E anche quando si andava in perlustrazione per decidere dove piazzarsi, e tutto ciò che era necessario fare di contorno, era in definitiva uno svago.
Girammo con la nostra campagnola tutta la zona da Sperlonga a Sabaudia.
Al Circeo, addirittura, ci lasciammo per qualche tempo il motoscafo nel porticciolo e a turno ci facemmo i turni di guardia, dormendoci dentro, per paura che ci fregassero gli strumenti.
Fare la guardia a un motoscafo, in un porticciolo d’elite, in piena estate, con un sacco di… bella gente, vi assicuro che non fu un sacrificio! Tanto che il tenente dovette fare il suo lavoro e stabilire i turni per non farci litigare. Una sera a testa tranne l’autista che si incazzò non poco.