Addio Carlo Sgorlon

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
jules maigret
00sabato 26 dicembre 2009 19:36
da repubblica online
IL FRIULI piange la scomparsa di Carlo Sgorlon, il cui nome è strettamente legato alla terra e al mondo friulano, di cui ha raccontato storie e saghe. E' stata la famiglia a dare la notizia precisando che lo scrittore, da tempo ricoverato in ospedale, è morto la sera di Natale. I funerali si svolgeranno martedì 29 dicembre, alle 12, nella chiesa di San Quirino, a Udine.

Sgorlon nacque il 26 luglio 1930 a Cassacco, paese di neanche tremila abitanti a tredici chilometri da Udine, "capitale del Friuli", come è scritto nella biografia pubblicata sul sito ufficiale. Nello stesso sito, già dal titolo, Sgorlon si definiva "scrittore e narratore friulano". Fino alle scuole medie visse in campagna, assimilando le "conoscenze fondamentali del mondo" dai contadini e limitandosi ad andare in città solo per sostenere gli esami di idoneità. A diciotto anni vinse il concorso per entrare nella Scuola Normale Superiore di Pisa dove studiò lettere, avendo già ben chiaro l'intento di fare il narratore. Poi cominciò a insegnare nelle scuole superiori e si sposò con Edda Agarinis, maestra elementare.

In quegli stessi anni iniziò a scrivere, bocciando ogni tentativo almeno fino a Il vento nel vigneto, del 1960, rifatto dieci anni dopo in friulano (Prime di sere), che ebbe ben 17 edizioni. Dopo alcune storie legate a "tematiche contemporanee" tra angoscia e nevrosi, arrivò La Luna color ametista (1970), romanzo che rivelò la tendenza di Sgorlon a muoversi verso i temi corali e collettivi che caratterizzeranno la sua scrittura successiva.

Prima la scelta di dedicarsi a "storie di famiglie, di paesi, di piccoli popoli, spesso sfortunati e tartassati dalla storia, a cominciare dal suo, quello friulano". Poi la riscoperta del mito, "favola eternamente valida che si ripropone con significati sempre nuovi". Rielaborando e attingendo da queste nuove ispirazioni Sgorlon scrisse Il trono di legno (1973), favola contadina e avventurosa con tonalità epiche e leggendarie. Con questo romanzo, che ebbe 26 edizioni e stravinse il Premio Campiello, conquistò una consistente notorietà nazionale.

"Il suo modello era un vecchio patriarca, Pietro: un friulano che era stato emigrante in tutto il mondo e tutta la vita aveva trasformato in mito e favola", si legge ancora sul sito nelle pagine dedicate alla sua opera. L'epica, l'amore eterno e profondo, le saghe di famiglie, di lavoratori e contadini, diventano i protagonisti dei suoi libri. "In Friuli non molti se ne sono accorti, ma Sgorlon è il primo scrittore totalmente friulano che abbia tentato di costruire un vasto ciclo epico attraverso i momenti eminenti, spesso tragici, della storia del suo popolo", è scritto con una punta di rammarico. L'autore ha raccontato nel tempo e nei romanzi le invasioni, le sventure, la tragedia del Vajont del 1963 e il terremoto del 1976, le guerre e le emigrazioni, i rapporti con i popoli vicini e le minoranze che vivono in Friuli, terra di frontiera. Ma anche la visione magica e religiosa di questa regione, aspetto che lo ha avvicinato al "realismo magico" di Garcia Marquez, da lui tanto amato e difeso.

Con i suoi romanzi, racconti e fiabe ha vinto prestigiosi premi letterari, tra cui il Supercampiello (due volte, unico tra gli scrittori italiani contemporanei), lo Strega, il Nonino. E' stato tradotto in decine di lingue tra cui il cinese. Tra le sue opere ricordiamo La regina di Saba (1975), Gli dei torneranno (1977), La carrozza di rame (1979) in cui si parla del devastante terremoto del 1976, La conchiglia di Anataj (1983), L'armata dei fiumi perduti (1985), L'ultima valle (1987) sulla costruzione della diga del Vajont e sulla distruzione dei paesi di Erto, Casso e Longarone.

Il suo ultimo libro, La penna d'oro (Morganti, 2008), è un'ironica e disincantata autobiografia. Sgorlon si presta a raccontarsi parlando della sua vita, della poetica e dei suoi rapporti con il mondo letterario, spesso difficili, confessando l'amarezza per il suo isolamento dagli altri scrittori. Ribadisce la radicata convinzione che l'uomo possa "percorrere il proprio cammino muovendosi su due piani di esistenza paralleli: quello della realtà e quello del fantastico". La penna d'oro, dono prezioso ricevuto nell'infanzia, è il simbolo della sua esistenza, oggetto mitico che ha influenzato il suo destino di uomo e scrittore.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:12.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com