Benedetto XVI in visita alla parrocchia romana di San Giovanni della Croce a Colle Salario

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S_Daniele
00sabato 6 marzo 2010 22:02
Domenica Benedetto XVI in visita alla parrocchia romana di San Giovanni della Croce a Colle Salario

Una comunità di periferia aperta alla condivisione


Roma comunità aperta:  è una realtà popolare, crocevia di umanità vera dove si completano a vicenda esperienze spirituali diverse, la parrocchia di San Giovanni della Croce a Colle Salario, nel quadrante periferico nord della città, che domenica 7 marzo accoglierà Benedetto XVI in visita pastorale.
La comunità è letteralmente la casa di Dio tra le case, non certo di lusso, degli uomini. Anzi, per dodici anni, fino al 2001, è stato un negozio di 185 metri quadrati, con tanto di insegna luminosa, a far da chiesa, canonica e aula di catechismo. Ma quello stanzone era già una casa che faceva sentire una famiglia. È proprio lo stare in mezzo alla gente, con una pastorale sui marciapiedi, ad aver suscitato uno spirito di unità e di condivisione. "Fin dal primo giorno, ventuno anni fa, siamo stati davvero come una grande famiglia, ci siamo sentiti subito comunità" dice don Enrico Gemma, 68 anni, parroco fondatore, che da giovane ha vissuto l'esperienza del Carmelo così intensamente da ottenere che la parrocchia fosse dedicata a san Giovanni della Croce. È grazie a lui che oggi c'è un pezzo di Carmelo a Castel Giubileo.
Per il parroco la visita del Papa "è un regalo dal cielo". L'appuntamento è per la messa alle 9.30. Per chi non troverà posto  in  chiesa  ci  sarà  un maxi-schermo nel salone parrocchiale, chiamato familiarmente "la casa".
Don Gemma, che per 12 anni ha alzato la saracinesca della sua chiesa-negozio, ha visto nascere il quartiere che è ancora in forte espansione, con tutti i problemi di ogni periferia dove la crisi economica si fa sentire di più e cassa integrazione e disoccupazione sono la normalità. "L'esperienza di quei primi anni - riconosce - rimane fondamentale per la comunità. Ha segnato uno stile di vita che tuttora ci contraddistingue. Mentre il quartiere era ancora in costruzione si andava formando anche il primo nucleo della comunità. Favoriti dall'essere privi di strutture, di programmi e di tradizioni, abbiamo fatto una forte esperienza della Parola di Dio".
L'abitudine all'essenziale, a rapporti umani diretti, non ha fatto sentire appagata la comunità nel passaggio dallo spazio arrangiato alla nuova chiesa. "Una volta entrati nel nuovo e grande complesso parrocchiale - ricorda - la vita è come esplosa in molteplici forme di attività e di partecipazione". La "Chiesa di persone" ha fatto buon uso della "chiesa di mattoni". Così "ora gli ambiti della liturgia, della catechesi e della carità sono articolati in efficienti programmi pastorali" e "proprio quest'anno sono oggetto della provvidenziale verifica che è in atto nella diocesi di Roma".
"Le celebrazioni domenicali - racconta - sono abbastanza partecipate e ciascuna è animata, a turno, dai gruppi e dai movimenti". Il risultato è che "la partecipazione dei fedeli è più consapevole e attiva". La catechesi dell'iniziazione cristiana, insieme all'oratorio, coinvolge 400 bambini e ragazzi, tra gli 8 e 15 anni, seguiti da settanta catechisti e animatori. Inoltre 60 giovani "sono impegnati nei vari cammini spirituali" mentre la preparazione dei fidanzati al matrimonio (35 coppie ogni anno) e dei genitori al battesimo dei propri figli (70 all'anno) sono "preziose occasioni per far riscoprire un volto di Chiesa che molti di loro non conoscevano".
La pastorale a San Giovanni della Croce è per forza di cose "giovanile", considerata l'età media dei residenti nel territorio. Le famiglie sono 3.300 - circa 16.000 gli abitanti - ma presto se ne aggiungeranno altre mille, "a mano a mano che vengono ultimate le nuove costruzioni". Per la maggior parte sono famiglie giovani, con figli ancora in età scolastica. "Un quarto della popolazione risiede nelle case popolari e non mancano tante situazioni di povertà e disagio" a cui la parrocchia risponde con la Caritas che "assiste oltre 80 famiglie in difficoltà".
Don Gemma indica come caratteristica e "ricchezza della comunità" l'apertura fin dalla nascita "ai movimenti e alle nuove comunità ecclesiali. Insieme abbiamo maturato una più ampia coscienza di Chiesa e abbiamo potuto sperimentare nuove forme di evangelizzazione". Nella comunità sono attivi il movimento dei focolari, la comunità di Sant'Egidio, il cammino neocatecumenale, il rinnovamento carismatico e due movimenti mariani, la casa di Maria e il gruppo Sacri.
"Questa particolare configurazione della comunità - spiega - da una parte ci dà l'opportunità di offrire ai fedeli diversi cammini spirituali e dall'altra ci impegna seriamente a coinvolgere tutte le realtà in un progetto pastorale unitario". Un ruolo di primo piano lo hanno i cento laici direttamente impegnati "nei vari ambiti pastorali e organizzativi" della parrocchia:  si sentono corresponsabili dell'essere e dell'agire della Chiesa e non solo collaboratori del clero. E una testimonianza visibile di unità è sempre venuta dai sacerdoti e dalla loro "comunione gioiosa e operosa che è un segno e una grazia per la parrocchia". È con questa veste che domenica si presenterà al Papa una comunità che, conclude il parroco, "è tutt'altro che perfetta ma certamente viva e in cammino".


(©L'Osservatore Romano - 7 marzo 2010)
S_Daniele
00domenica 7 marzo 2010 16:59



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIOVANNI DELLA CROCE , 07.03.2010
 

Alle ore 9 di oggi – III Domenica di Quaresima – il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita pastorale alla parrocchia di San Giovanni della Croce a Colle Salario, nel settore nord della diocesi di Roma.
Il Papa ha presieduto alla 9.30 la celebrazione della Santa Messa nel corso della quale, dopo la proclamazione del Vangelo, ha pronunciato la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

“Convertitevi, dice il Signore, il regno dei cieli è vicino” abbiamo proclamato prima del Vangelo di questa terza domenica di Quaresima, che ci presenta il tema fondamentale di questo ‘tempo forte’ dell’anno liturgico: l’invito alla conversione della nostra vita ed a compiere degne opere di penitenza. Gesù, come abbiamo ascoltato, evoca due episodi di cronaca: una repressione brutale della polizia romana all’interno del tempio (cfr Lc 13,1) e la tragedia dei diciotto morti per il crollo della torre di Siloe (v. 4). La gente interpreta questi fatti come una punizione divina per i peccati di quelle vittime, e, ritenendosi giusta, si crede al riparo da tali incidenti, pensando di non avere nulla da convertire nella propria vita. Ma Gesù denuncia questo atteggiamento come un’illusione: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (vv. 2-3). Ed invita a riflettere su quei fatti, per un maggiore impegno nel cammino di conversione, perché è proprio il chiudersi al Signore, il non percorrere la strada della conversione di se stessi, che porta alla morte, quella dell’anima. In Quaresima, ciascuno di noi è invitato da Dio a dare una svolta alla propria esistenza pensando e vivendo secondo il Vangelo, correggendo qualcosa nel proprio modo di pregare, di agire, di lavorare e nelle relazioni con gli altri. Gesù ci rivolge questo appello non con una severità fine a se stessa, ma proprio perché è preoccupato del nostro bene, della nostra felicità, della nostra salvezza. Da parte nostra, dobbiamo rispondergli con un sincero sforzo interiore, chiedendogli di farci capire in quali punti in particolare dobbiamo convertirci.

La conclusione del brano evangelico riprende la prospettiva della misericordia, mostrando la necessità e l’urgenza del ritorno a Dio, di rinnovare la vita secondo Dio. Riferendosi ad un uso del suo tempo, Gesù presenta la parabola di un fico piantato in una vigna; questo fico, però, risulta sterile, non dà frutti (cfr Lc 13,6-9). Il dialogo che si sviluppa tra il padrone e il vignaiolo, manifesta, da una parte, la misericordia di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo, a tutti noi, un tempo per la conversione; e, dall’altra, la necessità di avviare subito il cambiamento interiore ed esteriore della vita per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre per superare la nostra pigrizia spirituale e corrispondere all’amore di Dio con il nostro amore filiale.

Anche San Paolo, nel brano che abbiamo ascoltato, ci esorta a non illuderci: non basta essere stati battezzati ed essere nutriti alla stessa mensa eucaristica, se non si vive come cristiani e non si è attenti ai segni del Signore (cfr 1 Cor 10,1-4).

Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di San Giovanni della Croce! Sono molto lieto di essere in mezzo a voi, oggi, per celebrare con voi il Giorno del Signore. Saluto cordialmente il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro Parroco, don Enrico Gemma, che ringrazio per le belle parole rivoltemi a nome di tutti voi, e gli altri Sacerdoti che lo coadiuvano. Vorrei poi estendere il mio pensiero a tutti gli abitanti del quartiere, specialmente agli anziani, ai malati, alle persone sole e in difficoltà. Tutti e ciascuno ricordo al Signore in questa Santa Messa.

So che la vostra Parrocchia è una comunità giovane. Infatti, ha iniziato la sua attività pastorale nel 1989, per un periodo di dodici anni in un locale provvisorio, e poi nel nuovo complesso parrocchiale.

Ora che avete un nuovo edificio sacro, la mia visita desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi. So che l’esperienza dei primi dodici anni ha segnato uno stile di vita che tuttora permane. La mancanza di strutture adeguate e di tradizioni consolidate vi ha spinto, infatti, ad affidarvi alla forza della Parola di Dio, che è stata lampada nel cammino e ha portato frutti concreti di conversione, di partecipazione ai Sacramenti, specie all’Eucaristia domenicale, e di servizio. Vi esorto ora a fare di questa Chiesa un luogo in cui si impara sempre meglio ad ascoltare il Signore che ci parla nelle sacre Scritture. Queste rimangono sempre il centro vivificante della Vostra comunità affinché diventi scuola continua di vita cristiana, da cui parte ogni attività pastorale.

La costruzione del nuovo tempio parrocchiale vi ha spinto a un corale impegno apostolico, con una particolare attenzione al campo della catechesi e della liturgia. Mi congratulo per gli sforzi pastorali che andate compiendo. So che vari gruppi di fedeli si radunano per pregare, formarsi alla scuola del Vangelo, partecipare ai Sacramenti – soprattutto della Penitenza e dell’Eucaristia – e vivere quella dimensione essenziale per la vita cristiana che è la carità. Penso con gratitudine a quanti contribuiscono a rendere più vive e partecipate le celebrazioni liturgiche, ed ancora a quanti, con la Caritas parrocchiale e il gruppo di Sant’Egidio, cercano di andare incontro alle tante esigenze del territorio, specialmente alle attese dei più poveri e bisognosi. Penso, infine, a quanto andate lodevolmente compiendo in favore delle famiglie, dell’educazione cristiana dei figli e di quanti frequentano l’Oratorio.

Sin dal suo nascere, questa Parrocchia si è aperta ai Movimenti ed alle nuove Comunità ecclesiali, maturando così una più ampia coscienza di Chiesa e sperimentando nuove forme di evangelizzazione. Vi esorto a proseguire con coraggio in questa direzione, impegnandovi, però, a coinvolgere tutte le realtà presenti in un progetto pastorale unitario. Ho appreso con favore che la vostra comunità si propone di promuovere, nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, la corresponsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. Come ho già avuto modo di ricordare, ciò esige un cambiamento di mentalità, soprattutto nei confronti dei laici, “passando dal considerarli «collaboratori» del clero a riconoscerli realmente «corresponsabili» dell’essere e dell’agire della Chiesa, favorendo così la promozione di un laicato maturo ed impegnato” (cfr Discorso di apertura del Convegno pastorale della Diocesi di Roma – 26 maggio 2009).

Carissime famiglie cristiane, carissimi giovani che abitate in questo quartiere e che frequentate la parrocchia, lasciatevi sempre più coinvolgere dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo. Non aspettate che altri vengano a portarvi altri messaggi, che non conducono alla vita, ma fatevi voi stessi missionari di Cristo per i fratelli, dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono il tempo libero. Avviate anche qui una capillare e organica pastorale vocazionale, fatta di educazione delle famiglie e dei giovani alla preghiera e a vivere la vita come un dono che proviene da Dio.

Cari fratelli e sorelle! Il tempo forte della Quaresima invita ciascuno di noi a riconoscere il mistero di Dio, che si fa presente nella nostra vita, come abbiamo ascoltato nella prima lettura. Mosè vede nel deserto un roveto che arde, ma non si consuma. In un primo momento, spinto dalla curiosità, si avvicina per vedere questo avvenimento misterioso quand’ecco che dal roveto una voce lo chiama, dicendo: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3,6). Ed è proprio questo Dio che lo rimanda in Egitto con l’incarico di condurre il popolo di Israele nella terra promessa, domandando al faraone, nel Suo nome, la liberazione di Israele. A questo punto, Mosè chiede a Dio qual è il Suo nome, il nome con cui Dio mostra la Sua particolare autorità, in modo da potersi presentare al popolo e poi al faraone. La risposta di Dio può sembrare strana; appare un rispondere e non rispondere. Egli dice di sé semplicemente: “Io sono colui che sono!”. “Egli è”, e questo deve bastare. Dio, quindi, non ha rifiutato la richiesta di Mosè, manifesta il proprio nome, creando così la possibilità dell’invocazione, della chiamata, del rapporto. Rivelando il suo nome Dio stabilisce una relazione tra sé e noi. Si rende invocabile, entra in rapporto con noi e ci dà la possibilità di stare in rapporto con lui.
 
Ciò significa che Egli si consegna, in qualche modo, al nostro mondo umano, divenendo accessibile, quasi uno di noi. Affronta il rischio della relazione, dell’essere con noi. Ciò che ebbe inizio presso il roveto ardente nel deserto si compie presso il roveto ardente della croce, dove Dio, divenuto accessibile nel suo Figlio fatto uomo, fatto realmente uno di noi, viene consegnato nelle nostre mani e, in tal modo, realizza la liberazione dell’umanità. Sul Golgota Dio, che durante la notte della fuga dall’Egitto si è rivelato come Colui che libera dalla schiavitù, si rivela come Colui che abbraccia ogni uomo con la potenza salvifica della Croce e della Risurrezione e lo libera dal peccato e dalla morte, lo accetta nell’abbraccio del Suo amore.

Rimaniamo nella contemplazione di questo mistero del nome di Dio per comprendere meglio il mistero della Quaresima, e vivere come singoli e come comunità in permanente conversione, in modo da essere nel mondo costante epifania, testimonianza del Dio vivente, che libera e salva per amore. Amen.

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

S_Daniele
00domenica 7 marzo 2010 17:04
Pope Benedict XVI blesses a child as he leaves after the mass service,  in the "San Giovanni della Croce" parish church, in Rome, Sunday, March 7, 2010.

Benedetto XVI nella parrocchia romana di San Giovanni della Croce: non aspettate altri messaggi, fatevi voi stessi missionari di Cristo

Superare la “pigrizia spirituale” per essere quelle “pietre vive” che sanno annunciare e radicare in ogni ambiente quotidiano il messaggio di Gesù. E’
l’esortazione
che Benedetto XVI ha rivolto alla folla di fedeli della parrocchia romana di San Giovanni della Croce, visitata questa mattina. Il Papa vi ha presieduto la celebrazione della Messa, alla presenza del cardinale vicario, Agostino Vallini, e si è poi intrattenuto con i membri del Consiglio parrocchiale, prima di rientrare in Vaticano. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

Al centro della Chiesa o nelle periferie della fede, l’attendismo non può far parte del Dna di un cristiano. E’ lui che deve vivere il Vangelo con dinamismo, portarlo a chi non lo conosce, senza aspettare che siano altri a portargli “altri messaggi” che però “non conducono alla vita”. Con queste parole Benedetto XVI tocca il cuore delle centinaia di fedeli che dalle prime ore di questa mattina hanno affollato l’interno e l’esterno della parrocchia romana di San Giovanni della Croce a Colle Salario, pavesata a festa. Una chiesa incastonata in un tessuto urbano di tremila famiglie, alle quali ben presto si aggiungeranno altre di un nuovo quartiere, affidate alla cura di don Enrico Gemma e dei suoi collaboratori. E dunque una realtà, ha sollecitato il Papa all’omelia, che ha bisogno della linfa vitale dei laici, chiamati a essere “responsabili” e maturi nella loro vocazione:

“Carissime famiglie cristiane, carissimi giovani che abitate in questo quartiere e che frequentate la parrocchia, lasciatevi sempre più coinvolgere dal desiderio di annunciare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo. Non aspettate che altri vengano a portarvi altri messaggi, che non conducono alla vita, ma fatevi voi stessi missionari di Cristo per i fratelli, dove vivono, lavorano, studiano o soltanto trascorrono il tempo libero. Avviate anche qui una capillare e organica pastorale vocazionale, fatta di educazione delle famiglie e dei giovani alla preghiera e a vivere la vita come un dono che proviene da Dio”.

Benedetto XVI, con indosso i paramenti viola del tempo di Quaresima, aveva fatto ingresso nella chiesa capitolina verso le 9.30, dopo essersi intrattenuto diversi minuti a salutare i molti fedeli assiepati in due ali al di fuori del portone parrocchiale. E proprio la liturgia quaresimale gli aveva suggerito una prima considerazione, in particolare il brano del Vangelo che vede Gesù commentare due tragici fatti di cronaca – l’esecuzione di criminali e il crollo di una torre – per poi provocare interiormente i discepoli sul significato della conversione che salva, ha detto il Pontefice, da un altro tipo di morte, “quella dell’anima”:

“In Quaresima, ciascuno di noi è invitato da Dio a dare una svolta alla propria esistenza pensando e vivendo secondo il Vangelo, correggendo qualcosa nel proprio modo di pregare, di agire, di lavorare e nelle relazioni con gli altri. Gesù ci rivolge questo appello non con una severità fine a se stessa, ma proprio perché è preoccupato del nostro bene, della nostra felicità, della nostra salvezza. Da parte nostra, dobbiamo rispondergli con un sincero sforzo interiore, chiedendogli di farci capire in quali punti in particolare dobbiamo convertirci”.

Il Papa ha apprezzato, della giovane comunità parrocchiale, l’apertura da sempre manifestata ai Movimenti ecclesiali, che ha consentito di maturare, ha constatato, “una più ampia coscienza di Chiesa”. E si è congratulato per il diffuso spirito di carità grazie al quale, attraverso gruppi come la Caritas o quello di Sant’Egidio, si provvede alle esigenze del territorio, specie delle famiglie più povere. Uno spirito, ha osservato Benedetto XVI, fiorito dai primi tempi della parrocchia, nata nel 1989, quando la provvisorietà dei pochi mezzi a disposizione ha reso più solida la fiducia nella provvidenza e nei valori della fede:

“La mia visita desidera incoraggiarvi a realizzare sempre meglio quella Chiesa di pietre vive che siete voi. So che l’esperienza dei primi dodici anni ha segnato uno stile di vita che tuttora permane. La mancanza di strutture adeguate e di tradizioni consolidate vi ha spinto, infatti, ad affidarvi alla forza della Parola di Dio, che è stata lampada nel cammino e ha portato frutti concreti di conversione, di partecipazione ai Sacramenti, specie all’Eucaristia domenicale, e di servizio. Vi esorto ora a fare di questa Chiesa un luogo in cui si impara sempre meglio ad ascoltare il Signore che ci parla nelle sacre Scritture”.

La festa riservata al Papa è proseguita al termine della Messa, quando Benedetto XVI si è spostato in una sala parrocchiale dove ha salutato i membri del Consiglio parrocchiale:

“Cari fratelli e sorelle, di tutto cuore dico grazie per questa bella esperienza pre-pasquale che mi avete donato con questa domenica mattina (...)Vi prego di continuare in questo senso, a costruire sempre la Chiesa di pietre vive e così essere anche un centro di irradiazione della Parola Dio nel nostro mondo che ha talmente bisogno di questa Parola, della vita che viene da Dio (….) Grazie per tutto il vostro lavoro, vi auguro (…) ulteriori progressi spirituali (…) Grazie a tutti voi, buona Pasqua!”.

Quindi, il congedo, passando ancora una volta per il caldo abbraccio della folla che lo attendeva all’esterno:

(acclamazioni e applausi)

© Copyright Radio Vaticana
S_Daniele
00lunedì 8 marzo 2010 21:57

Dalla periferia un invito a politiche per le famiglie


Gli amministratori di Roma mettano in atto politiche per sostenere le famiglie e la periferia. Da parte sua, la parrocchia si apra sempre più all'accoglienza facendo tesoro del mandato del  Papa:  un progetto pastorale unitario per portare il Vangelo a ogni persona, con i laici corresponsabili e non solo collaboratori dei sacerdoti. È con questa intenzione di preghiera, durante  la  messa celebrata dal Pontefice, che è stata rilanciata la missione della comunità di San Giovanni della Croce nella periferia nord della città.
Domenica mattina Colle Salario ha accolto il Papa con entusiasmo. La sua presenza ha dato visibilità a una zona fuori dalle direttrici cittadine se non per un grande centro commerciale.  Per  dare il benvenuto a Benedetto XVI moltissime persone sono scese per strada, altre lo hanno salutato dalla finestre dando vivacità anche ai grigi palazzoni che delineano il profilo del quartiere. E il Papa ha risposto subito alla calorosa accoglienza, tanto che il parroco don Enrico Gemma gli ha rivolto, nel saluto ufficiale all'inizio della messa, un "grazie particolare" proprio "per come ha salutato e benedetto ciascuno dei bambini che l'hanno accolta fuori dalla chiesa".
La visita, ha poi commentato il parroco, ha portato novità, speranza e calore nel quartiere che lo ha visto come un "padre, tenero e umile, vicino alla gente". E prima di lasciare Castel Giubileo per far rientro in Vaticano, il Papa ha rilanciato la missione che parte dalla conversione. "Cari fratelli e sorelle - ha detto a braccio - grazie per la vostra cordialità, per questa accoglienza così fraterna e una buona  domenica a voi tutti. Comincia la primavera e il senso della Quaresima è un rinnovamento interiore, cioè vincere l'inverno in noi, la freddezza,  la mancanza di sole e di verità.  E  incoraggiati dalla Parola di Dio andiamo avanti pregando che il Signore  ci aiuti a crescere nella bontà, nella carità e così essere più vicini a Dio".
Momento centrale della visita è stata la messa. Con il Papa hanno concelebrato, oltre al parroco, il cardinale vicario Agostino Vallini, il vescovo ausiliare per il settore nord, Guerino Di Tora, e il sacerdote congolese Adeodatus Muhigi, collaboratore parrocchiale. C'erano anche i due viceparroci, il sardo Paolo Casu e l'honduregno César Fonseca, ordinati insieme nel 2006 da Benedetto XVI; il diacono Giuseppe Costa, prossimo al sacerdozio, e il diacono permanente Salvatore Bolla che ha proclamato il Vangelo. Presenti l'arcivescovo James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia,  il vescovo Paolo De Nicolò,  reggente,  e monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Papa.
Nel ringraziare il Pontefice all'inizio del rito, il parroco ha indicato nella "comunione affettiva e pastorale il punto di forza dei progetti pastorali e della vita ecclesiale". Nella preghiera dei fedeli sono stati ricordati quanti vivono in situazioni di violenza e povertà; l'ultima intenzione l'ha letta Federico, 8 anni:  al "caro Gesù" ha chiesto di proteggere e sostenere Benedetto XVI nella sua missione di pace e di amore nelle strade del mondo. All'offertorio ha partecipato una rappresentanza degli stranieri che abitano nel quartiere e una famiglia italiana con quattro figli. Dopo la messa, il Papa ha salutato gli ammalati e due ragazzi con sindrome di down, il sedicenne Federico e il diciassettenne Emanuel con cui ha scambiato una reciproca carezza sul volto.
I laici sono stati i protagonisti della seconda parte della visita. Nel salone chiamato "la casa" perché luogo di ritrovo della comunità, Benedetto XVI ha incontrato una rappresentanza di catechisti e appartenenti al movimento dei focolarini, alla Sant'Egidio, al cammino neocatecumenale, al rinnovamento carismatico e a gruppi mariani. Quindi ha ascoltato Anna Rita Vittucci fare il punto sulla storia e i progetti della comunità. Movimenti e nuove comunità ecclesiali, ha riconosciuto la donna, continuano a essere "validi cammini spirituali" che lavorano insieme "all'opera di evangelizzazione". Una parola di gratitudine l'ha avuta per i sacerdoti che, "provenienti da varie nazionalità e legati a diverse spiritualità, danno un segno visibile di comunione fraterna". Proprio ai sacerdoti il Papa ha lasciato la casula con cui ha celebrato la messa. A sua volta, la comunità ha donato un'immagine mariana e un'icona raffigurante san Giovanni della Croce. I bambini hanno pensato a un regalo tutto loro raccogliendo le lettere scritte in questi giorni per dirgli grazie della visita.


(©L'Osservatore Romano - 8-9 marzo 2010)
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