ora il mio piccolo contributo
1° Raduno Nazionale Hypermotard Club: il report.
Si è svolto a S. Caterina Valfurva (So), dal 27 al 29 giugno, il primo motoraduno nazionale Ducati Hypermotard.
Provenienti da tutta Italia, i partecipanti si sono dati appuntamento nella meravigliosa cornice della Valfurva per trascorrere un week-end all’insegna della comune motociclistica passione.
Dopo la cena di benvenuto di venerdì 27 è stato illustrato il tour del giorno successivo che si è spinto, per piccoli tratti, anche in Austria e Svizzera.
Il giorno di sabato 28 sarà ricordato per la splendida passeggiata tra i suggestivi passi alpini e che ha visto protagonista una colonna ordinata e prudente di quasi 40 splendide Hypermotard.
Tra le curve ed i tornanti si sono potute apprezzare le eccezionali doti ciclistiche e meccaniche del mezzo oltre che, e lo scriviamo con un pizzico di civetteria, quelle estetiche; sono state innumerevoli le istantanee scattate dai tanti turisti sistemati a bordo strada, i quali potranno dire di avere annesso al loro bottino fotografico oltre che ruscelli copiosi, pascoli verdissimi e vette ghiacciate, anche docili e agili creature desmodromiche.
A fine giornata, dopo aver parcheggiato tutte le moto nell’ampio garage della struttura alberghiera che ha ospitato l’evento, i centauri hanno potuto gustare una cena a base di prodotti tipici del comprensorio accompagnati da un pregiato vino rosso Valtellina a denominazione di origine.
Al buon esito dell’iniziativa hanno contribuito i promotori dell’evento: lo staff dell’Hypermotard Club Italia, il Ducati Club Bolzano e l’Hotel Abete Blu che, insieme all’azienda HTR hanno anche sponsorizzato l’acquisto di magliette e gadget ricordo.
Visto il successo di questa prima edizione, l’Amministrazione Comunale di S. Caterina Valfurva ha offerto tutto il proprio supporto logistico ed operativo affinché il raduno possa ripetersi negli anni a venire.
La mattina di Domenica 29 tra un caffè ed una brioche si sono consumati i saluti di rito; molti guadagnavano la strada di casa con una storia unica e grande da raccontare ai propri amici.
Io sono uno di quelli e questa è la mia storia.
Giovedì sera, 26 giugno.
Cerco sul forum le ultime notizie prima di addormentarmi.
Mentre si carica la pagina mi sento come un bambino che potrà smettere di agitarsi solo quando al risveglio troverà la sorpresa con il regalo.
Mentre leggo gli ultimi post scopro che non sono l’unico ad avere le palpitazioni.
Spengo la luce con poche ore prima del risveglio.
Venerdi 27 giugno.
Inizia il viaggio.
Il nastro d’asfalto corre sotto le ruote e con il passare dei chilometri il mio sguardo oltrepassa la visiera, poi le auto davanti a me, poi, lentamente, si distende per ammirare il profilo ed i colori di questa terra d’Italia.
Sopra l’Hyper, contro ogni previsione, un cielo azzurro accorcia un po’ la strada che mi resta da fare.
Davanti ad una tazzina di caffé osservo i miei compagni di viaggio; il loro sguardo parla e dice le stesse cose che sto maldestramente cercando di raccontare a voi.
Mentre ammiro i campi di girasole mollemente adagiati sulle colline dell’Appennino mi rendo conto che vivo da sempre in una città di mare. Mi ricordo di lei quando viaggio, e ancora me ne ricordo quando dentro di me ne porto un pezzo per offrirlo ai miei nuovi amici.
Un cenno dal casco, un sorpasso contro la monotonia, e la strada si srotola sotto i pneumatici.
Anche altri amici partono da una città di mare ma loro tagliano l’Italia da Ovest ad Est.
Altri ancora parleranno di Ancona e dell’Adriatico.
A metà strada addento lo spuntino preparato la sera prima ed il suo sapore si arricchisce di questa brezza toscana.
In questo momento altri amici partono da questi luoghi e dall’Emilia per raggiungere un paesino che si trova in Italia e che, se non ho capito male, è addirittura vicinissimo all’Austria.
La stanchezza inizia a combattere contro l’euforia e sulla tangenziale di Milano degli uffici che chiudono mi sento praticamente alla meta nonostante manchino ancora tanti chilometri.
Penso agli amici di questi luoghi che come me sono in viaggio verso S. Caterina Valfurva, un paesino della Lombardia a confine con il Trentino.
Guardo il lago di Como, la sua pace, le sue coste, le sue barche.
Adesso è la mia mente che viaggia nel riconoscere i luoghi descritti dal Manzoni o dal contemporaneo Vitali. Non so come ci si possa riuscire, ma ho la prova che dall’incontro di luoghi e persone, a volte, possano nascere poesie.
Il viaggio che sto facendo verso questo paesino vicinissimo anche alla Svizzera è un percorso interiore alla riscoperta di sensazioni intime e personali che rischiavano di assopirsi.
Quando cala il sole, dopo quasi 12 ore alla guida, penso a quanto siano fortunati gli amici veneti che stasera saranno i più gagliardi nel raccontarci di loro.
Esco dall’ultima galleria che mi separa da questo paesino posto al confine tra due province e tre Stati; le tenebre della lunga galleria intervallate dagli acidi fari arancione scompaiono in un colore che ogni pittore romantico avrebbe voluto avere nella propria tavolozza: un blu notte che avvolge il costone del massiccio montuoso a me di fronte e, sul crinale, un blu lunare che si staglia al di sopra delle vette: meraviglia !
Mi è bastata questa emozione per continuare a guidare fino a quel paesino posto al limite di tutto: S. Caterina Valfurva.
Anche io sono al limite.
Ho il dubbio di aver sbagliato strada dopo l’incrocio a Bormio.
Ma alle mie spalle una melodia suonata da quattro o cinque Termignoni che mi superano mi lasciano intendere che è fatta.
Tolgo il casco e sono a casa. Un abbraccio, una pacca sulla spalla, un sorriso ed uno sfottò: questi amici non li ho mai visti prima ma sono a tavola con loro a bere e mangiare come se fossimo cresciuti insieme. Non sono in albergo o a ristorante, ma a casa dove una mamma ha tenuto da parte una porzione di cena uguale a quella che prima di me ha servito agli altri fratelli.
Questa famiglia mi ha aspettato e mi ha dato ristoro prima di chiedersi chi fossi.
Guardo le Hyper nel garage per capire che la festa deve ancora iniziare: le principesse sono tutte lì, agghindate e bellissime per la giornata successiva. Ognuna di loro esprime il carattere e la personalità del fantino che si onora di portare a spasso, ognuna di loro è semplicemente unica e rara, proprio come il suo cavaliere.
Ammiro quasi quaranta Hyper una diversa dall’altra, variamente accessoriate, con monili in carbonio, leghe leggere e modifiche eccellenti, e credo che il concetto di bellezza deve essere ripensato dai filosofi perché lo spettacolo dell’insieme è UNICO !
Continuano ad arrivare, a notte fonda e da strade quasi impraticabili, amici che più di me hanno sfidato impegni di lavoro e previsioni meteo per non mancare all’appello.
L’emozione continua e si alimenta per il solo fatto che il gruppo continua a crescere.
Ultimi consigli sul percorso da fare l’indomani e poi tutti a nanna cullati dal gorgoglio del vicino ruscello.
Sabato 28 giugno
La giornata è splendida e le verdi cime dei monti sono macchiate qua e là con spruzzi di neve.
Le minacciate perturbazioni scompaiono per lasciarci godere questo spettacolo.
L’aria è pulita ed il cielo è terso.
Il colore verde della natura circostante ha delle sfumature che vanno dal chiaro dei prati a quello più scuro dei boschi. Acque colore argento solcano il dorso dei monti scoprendo bianche pietre calcaree.
Questo scenario mozzafiato si offre da subito all’occhio di quanti lasciano l’Hotel per raggiungere la vicina Bormio.
Dopo il rifornimento imbocchiamo la Terza Cantoniera che lascia l’ultimo tratto lombardo per portarci in Trentino.
Potrei mai essere io quello che vi descrive il Parco Nazionale dello Stelvio? Certo che no, ma oggi il Prato si arricchisce di colori sgargianti, di tante Hyper rosse e nere che come uno sciame di farfalle dai nobili colori sfilano per le strade arricchendo un paesaggio di per sé già unico e meraviglioso.
Iniziamo ad affrontare con amorevole cura le curve ed i tornanti che portano in cima al Passo.
E’ l’apoteosi del raduno.
Io chiudo il gruppo e rimango shockato quando nell’alzare lo sguardo verso il ghiacciaio ammiro la danza di queste snelle bicilindriche.
E’ un filo di perle lungo un chilometro che snocciola le sue gemme tra pieghe e rettilinei.
Tra la testa e la coda di questa preziosa collana c’è un dislivello di almeno 100 metri: ai lati della strada i turisti tralasciano le riprese di vette e ruscelli per carpire la sinfonia desmodromica di questa cavalcata.
E’ un’immagine che resterà impressa per sempre nella mente di tutti quanti erano presenti.
In cima al passo parcheggiamo le moto e le guardiamo con ammirazione.
Non smettono di regalarci emozioni neanche quando sono ferme, affiancate, a semicerchio, nell’ampio piazzale, in mostra per noi e per tutte le persone ancora sensibili al fascino delle cose belle e semplici.
Adesso inizia la discesa e giù ancora curve per arrivare a Malles Venosta con ai bordi della strada le famose piantagioni di mele.
Poi Alsago e San Valentino alla Muta con il passo di Resia che ci porta al Lago omonimo.
Siamo un gruppo di quasi quaranta moto che rispettosamente si godono il paradiso che stanno attraversando e che, orgogliosamente, lo arricchiscono con la loro armonica presenza.
Mai un sorpasso azzardato, nessuna gara con alcuno e nessun eccesso tra i partecipanti del gruppo: sono certo che anche gli altri provano quanto provo io in questo momento.
Non so come l’arte possa esprimere un’emozione, ma credo che oggi tutti noi siamo artefici e testimoni di qualcosa di grande che prende forma con il passare dei chilometri.
Un panino tra foto e sorrisi e poi di nuovo in sella per varcare un altro confine.
Nauders è in Austria ed anche io oramai non ritrovo più i limiti emozionali che condizionano i comportamenti quotidiani, così tanto indispensabili per quelle formali relazioni sociali.
Poche ore fa ero distante 1000 chilometri da tutte queste persone mai viste prima; adesso è fin troppo evidente che non ci sono confini tra me e loro e, soprattutto, non ci sono più limiti dentro il mio cuore.
Tutti insieme ci apparteniamo e ci uniamo a questi luoghi perché ne respiriamo l’essenza lasciandoci avvolgere dalla loro bellezza.
L’odore dei boschi di conifere, il fresco brusio dei torrenti che cavalco su ponti di legno, poche auto ed i saluti di rito con i tanti centauri che viaggiano nell’altra direzione; poi due binari ed un trenino rosso per capire che la città di Martina è in Svizzera.
Con questi amici e questa moto ho capito che l’unico limite è quello che si ha nella testa e nel cuore.
Se in questo momento la strada lambisce lo Schweizer National Park ed io chiudo il gruppo, il viaggio fatto dentro di me insieme a voi non si può misurare in chilometri.
Apro la visiera e faccio il sorpasso della vita con il vento che mi riempie le narici: supero quel limite invisibile sistemato alle porte dell’anima, quel confine che mi frena ogni volta che devo decidere, quel baratro logico ed opportunistico che traccia una linea razionale tra ciò che desidero fare e quanto invece, troppo spesso, faccio durante questa vita monotona e scontata.
Passo del Bernina. Rientro in Italia e mi dirigo verso Livigno.
Ai tavoli del bar tutti abbiamo un sorriso compiaciuto. In tanti hanno già fatto queste strade ma forse nessuno le aveva veramente vissute.
Il viaggio più bello della mia vita l’ho fatto in compagnia di persone che come me hanno sicuramente fatto un viaggio dentro loro stessi, scoprendo un mondo di emozioni e passioni che attraverso questa moto possono essere indirizzate nel compimento di eroiche gesta quotidiane come sorridere ad un collega, rispettare il prossimo anche se sconosciuto, mettere da parte l’impulso agonistico a favore di uno spirito collaborativo.
La ricchezza di una persona sta nella capacità di partecipare agli altri le proprie miserie, le proprie paure, gli accessori in carbonio quando finiscono le rate, le gomme da “chiudere” quando mi sento sicuro, la zainetta che è stata bravissima, l’amico irruento che lascio passare, l’antipatico al quale annuisco.
Leggo un cartello che dice Val di Dentro. Sorrido.
Ancora poche curve e sono a casa.
Cerco nello sguardo dei vecchi furvesi quello di Achille Compagnoni, il decano degli alpinisti italiani che nel 1954 superò i propri limiti e per primo quelli del K2. Era in un gruppo spinto dalla stessa passione.
Sento che da questa terra oggi mi ha dato un pò di quella forza che ha già donato a lui.
Ho scoperto luoghi che non pensavo esistessero, dentro e fuori di me.
La festa dopo cena con la premiazione e le foto ricordo arricchiscono il mio indimenticabile bagaglio.
Ora vado a dormire che domattina riparto presto.
Domenica 29 giugno
Altri 1000 chilometri per tornare a casa, vicino al mare.
Sono un’altra persona, migliore.
Porto dentro di me i colori di questi luoghi, i sapori di questa terra, il profumo di questi boschi, l’affetto e l’accoglienza della famiglia di Max, i sorrisi e le risate che ci siamo regalati.
E vi ringrazio tutti perché il mio viaggio prosegue.
Ho capito che la felicità non è avere quello che si desidera, ma continuare a desiderare quello che già si ha.
Grazie.
Danilo