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Emicrania: quali i "fattori scatenanti"?

A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
Ultimo aggiornamento: 16/10/2008 13.27.38


L'emicrania è la forma più frequente di cefalea primaria, riguarda circa 7-8 milioni di italiani con una netta prevalenza del sesso femminile. L'età maggiormente colpita è quella tra i 20 e i 40 anni. Nelle donne, in particolare, le variazioni ormonali rivestono un ruolo determinante nel 60 per cento dei casi. Inoltre esistono numerosi fattori che, in individui predisposti, scatenano o peggiorano gli attacchi emicranici. Eccesso di peso, stress, variazioni dell’umore, alcuni cibi o bevande, cambiamenti climatici, luci e odori sono solo alcuni di questi.

Secondo le teorie più recenti, infatti, negli individui predisposti diversi fattori si combinano e contribuiscono ad abbassare la "soglia di attivazione" dell'emicrania, scatenando un attacco. Questo vuol dire che se una persona che soffre di emicrania riesce a identificare i "suoi" fattori scatenanti può cercare di evitarli, riducendo così la frequenza degli attacchi.

Emicrania e obesità: quale legame?

Nella casistica nazionale si stima che il 20-30 per cento, cioè circa 3-5 milioni di emicranici, siano obesi o in sovrappeso. Nell’emicrania con obesità vi è una stretta relazione biunivoca: in pratica l’una favorisce l’altra. L’aumento del peso corporeo aumenta la gravità e la durata degli attacchi emicranici che rischiano di diventare cronici, mentre l’emicrania stessa può essere causa di obesità. Una ricerca clinica effettuata dal Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino ha scoperto, infatti, che nei pazienti emicranici è presente un’alterazione del metabolismo del glucosio. Questa condizione è responsabile del non utilizzo in modo adeguato da parte dell’organismo delle sostanze energetiche assunte con l’alimentazione e favorisce il loro deposito sotto forma di grassi, portando così al sovrappeso e all’obesità.

Queste considerazioni possono aprire interessanti prospettive terapeutiche. Infatti, se chi soffre di emicrania segue uno stile di vita sano, una dieta adeguata e pratica una moderata e regolare attività fisica, può ridurre in maniera significativa lo stato di insulino-resistenza, migliorando tutti i parametri metabolici, l’eccesso di peso e riducendo, in questo modo, anche l’intensità e la gravità degli attacchi di mal di testa.

Cibi e odori: quali evitare?

Risultati ormai consolidati confermano che l’emicrania è una malattia caratterizzata da un ridotto filtro degli stimoli ambientali. Si spiega così perché durante gli attacchi di mal di testa fattori esterni, quali per esempio luce, suoni, rumori e percezioni tattili, possono rivelarsi particolarmente fastidiosi. Tra questi, è recentemente emersa l’osmofobia, cioè la repulsione per gli odori, che può essere considerata causa di insorgenza e sintomo altamente specifico dell’emicrania. Per quanto riguarda gli odori, gli agenti più “temuti” sono i profumi dolci femminili, il fumo di sigaro e sigaretta, la benzina, i detersivi, i disinfettanti, i solventi e le vernici. Un elemento determinante nello scatenare l’attacco emicranico non è tanto la sgradevolezza degli odori quanto la loro intensità. Più in dettaglio, una maggior percentuale di donne rispetto agli uomini riporta osmofobia.

Negli emicranici con osmofobia i profumi sono chiamati in causa nel 65 per cento dei casi, gli odori di cibo e il fumo di sigaretta nel 55 per cento, altri tipi di odore nel 15 per cento. Un ulteriore aspetto da considerare è che il 25 per cento degli emicranici che riferiscono osmofobia identifica un solo particolare odore come scatenante l’attacco. È tuttavia importante precisare che l’emicrania è normalmente caratterizzata da nausea e repulsione per i cibi, da differenziare opportunamente dalla repulsione per gli odori.
Nell’immediato futuro la ricerca in questo settore, forte dell’introduzione di tecniche neurofisiologiche d’avanguardia, si orienterà verso lo studio della percezione olfattiva durante l’attacco emicranico in presenza o in assenza di osmofobia, per capire quali centri nervosi vengono attivati con la stimolazione di particolari sostanze e odori.

Per quanto riguarda, invece, i cibi, quelli che più facilmente possono scatenare attacchi emicranici nei soggetti a rischio sono le bevande alcoliche, gli insaccati, i formaggi stagionati, la cioccolata. Sono quindi tutti alimenti che il medico, in caso di mal di testa ricorrenti, consiglia di escludere dalla dieta o di limitare al massimo.

Quali i progressi nella diagnostica?

La diagnosi dell'emicrania è essenzialmente clinica, cioè basata sul racconto del paziente e sulla valutazione critica dei sintomi. La diagnostica, tuttavia, ha compiuto notevoli progressi anche in questo ambito, nel senso dell’applicazione di tecniche già consolidate in altre patologie con il preciso obiettivo di evidenziare alterazioni specifiche in pazienti “difficili” o con un quadro particolarmente complesso. Le indagini strumentali devono essere comunque sempre integrate dagli elementi che definiscono la soggettività di ciascun paziente. Per questo, ai pazienti emicranici, viene spesso consigliato di tenere un diario degli attacchi e delle circostanze collegate, che può essere di grande aiuto per effettuare l'esatta diagnosi.

La tendenza attuale è quella di controllare più parametri clinici e neurofisiologici, in condizioni di riposo e durante i test di induzione degli attacchi: si sono per esempio identificate numerosi correlazioni tra attacco emicranico e variazioni del respiro, del battito cardiaco, della pressione arteriosa e della soglia del dolore. Tra le metodiche diagnostiche d’avanguardia ricordiamo la Voxel-Based Morphometry, metodica di risonanza magnetica che si avvale di una particolare analisi morfometrica in grado di evidenziare anche modeste alterazioni della sostanza grigia o bianca cerebrale, e il “Genome Linkage Wide Scan”, esame di genetica molecolare in grado di evidenziare, su un esteso numero di marcatori genetici, le aree del DNA coinvolte nella genetica della trasmissione della malattia.
A queste due tecniche si aggiunge il “Brain mapping”, che consiste nella registrazione del tracciato elettroencefalografico opportunamente rielaborata dal computer che mostra, in differenti condizioni ambientali o durante la crisi, le modificazioni dell’attività bioelettrica della corteccia cerebrale, rivelando in questo modo le aree che vengono coinvolte da una determinata fenomenologia.

Proprio tenendo conto dell'evoluzione delle tecniche diagnostiche, la Società Italiana per lo Studio delle Cefalee consiglia di rivolgersi alle strutture specializzate, ormai diffuse in tutta Italia, nelle quali convergono più specialisti e dove si applica un approccio multidisciplinare alla malattia, effettuando diagnosi e terapie altamente mirate.

Fonte: XXII Congresso nazionale della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC)

© Il Pensiero Scientifico Editore

Da: it.health.yahoo.net/c_special.asp?id=23499&c=31&s=2

[Modificato da .tani. 19/10/2008 22:10]